domenica 3 marzo 2024

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi gennaio-febbraio 2024

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei bimestri gennaio-febbraio dal 2015 al 2024.
Fig. 2: Ritardi nel bimestre in esame per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Tra le numerose notizie poco simpatiche di questo inizio 2024 mi limito a ricordare la ben nota variazione nelle regole di erogazione del bonus ritardi, che da quest'anno sarà erogato solo dietro richiesta. Decisione assurda presa ovviamente di concerto con la Regione, in merito alla quale potete leggere ad esempio qui. Ci sarebbe poi tantissimo da dire sulle continue cancellazioni del treno delle 7:40 per Milano e sullo scherzetto di spostare la partenza da Bergamo a Verdello quando un treno accumula troppo ritardo (pare, per la ridotta disponibilità dei binari in stazione a Bergamo). Domanda: ma questi treni, che a tutti gli effetti sono delle cancellazioni perché i pendolari non li possono raggiungere, come sono classificati ai fini della puntualità? In tutto il marasma alla stazione di Bergamo, l'unica, pallida, nota positiva è l'allargamento della piattaforma per Milano, con annesso caos per raggiungere i binari ovest.

In questo quadro, come sono andati i soliti due treni? La risposta per il 2218 è in Fig. 1: puntualità a zero (!) e al 39% entro 5'; massimo ritardo di ben 23' il 20/2 per guasto ad un altro treno. Distribuzione completamente spostata a destra rispetto agli anni scorsi, senza accenno di miglioramento! I dati sintetici sono poi riportati in Fig. 2, dove si vede chiaramente la continua e sistematica crescita di tutti i ritardi negli ultimi anni.

Se il dato per il 2218 ha almeno la consolazione puramente statistica di essere ben rappresentato da una lognormale, al 2275 manca pure questo! La Fig. 3 mostra la distribuzione dei ritardi, che come al solito devia dal comportamento lognormale intorno ai 7' di ritardo. Puntualità al 10% e al 55% entro 5'; massimo ritardo di ben 36' il 12/2, con il treno fermato a Verdello e i passeggeri che hanno terminato la corsa con il successivo 2237 (ormai strapieno di gente visto che è operato dai nuovi Donizetti, che saranno anche belli ma sono del tutto insufficienti come capacità). Piccolissima nota positiva: nella parte bassa la curva è lievemente a sinistra rispetto all'anno scorso, come si nota nella Fig. 4. Merito del mese di gennaio, dove due sole volte si erano superati i 10' di ritardo. A febbraio, un disastro: otto volte sopra i 10' e quattro oltre la mezz'ora (in tre delle quali il treno è stato cancellato); del tutto inaccettabile! Se l'andazzo è quello di febbraio, il 2024 sarà un macello.

Chiudo come al solito con l'elenco delle cause dei ritardi, notando anche stavolta come le stesse siano poco affidabili. Ad esempio, il 9/1 il 2237 era fermo a Centrale tra sirene e rumori anomali, ma l'app incolpava le "esigenze del regolatore"; il 12/1 i 15' di ritardo sono giustificati da una "sosta prolungata a Pioltello per servizio viaggiatori" quando il treno è arrivato a Pioltello già con 11' di ritardo; il 19/1 il treno delle 7.40 (che partiva alle 7.38) non parte per un problema alle porte. Dopo mezz'ora finalmente si muove ma il motivo del ritardo diventa "attesa del treno da Milano". Insomma, c'è parecchio da migliorare nel flusso informativo verso i viaggiatori!
Ciò premesso, su 12 segnalazioni, 6 sono relative a guasti e problemi tecnici, 1 a ritardo di un altro treno, e 1 ad un guasto all'infrastruttura. Seguono le altre motivazioni: 2 alle sempreverdi "esigenze del regolatore", e 2 alla new entry "prolungamento del servizio viaggiatori" (anche se i dati mostrano che il ritardo si accumula TRA le stazioni, non tra arrivo e partenza nelle stesse).

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

domenica 25 febbraio 2024

La guardia bianca

di Michail Bulgakov
Feltrinelli, Milano, 2011 (1a ed. italiana Anonima romana editoriale, 1930)
Traduzione di Serena Prina

Fuggivano banchieri brizzolati con le loro mogli, accorrevano abili uomini d’affari, che si erano lasciati alle spalle, a Mosca, i propri fiduciari, ai quali era stato dato ordine di non perdere i legami con quel nuovo mondo che stava venendo alla luce nel regno moscovita, proprietari di case, che avevano abbandonato le case a fedeli amministratori segreti, industriali, mercanti, avvocati, politici. Fuggivano giornalisti, di Mosca e Pietroburgo, prezzolati, ingordi, vigliacchi. Cocottes. Dame rispettabili di famiglie aristocratiche. Le loro tenere figlie, le pallide donne dissolute di Pietroburgo, con le labbra dipinte di carminio. Fuggivano i segretari dei direttori di dicasteri, giovani pederasti passivi. Fuggivano principi e accaparratori, poeti e strozzini, gendarmi e attrici dei teatri imperiali. Tutta questa massa, insinuandosi nella fessura, si dirigeva verso la Città.
A metà tra romanzo storico e autobiografico, La guardia bianca è il sorprendente romanzo che fece conoscere Bulgakov (l'accento cade sulla "a") al grande pubblico russo nel 1925, appena prima che la censura si abbattesse sui capitoli finali e sulle opere successive dell'autore, relegandolo in un anonimato da cui sarebbe emerso solo a partire dagli anni '50, più di un decennio dopo la morte nel 1940: il suo romanzo oggi famosissimo, Il Maestro e Margherita, fu pubblicato in prima mondiale integrale da Einaudi nel 1967 ed in Russia solo nel 1973!
Per contestualizzare il romanzo conviene intanto ripercorrere molto sommariamente il burrascoso periodo in cui si colloca, la Kiev (uso il toponimo russo del libro) degli anni 1918-19 (dettagli qui): dopo la rivoluzione d'ottobre, le prime rivendicazioni di indipendenza ucraine ed i trattati di Brest-Litovsk, nell'aprile 1918 si crea un governo-fantoccio sostenuto dalle forze tedesche e governato da un etmano. Gli si contrappongono le forze nazionaliste di Symon Petljura e, al momento più remoti, i bolscevichi. Ma con la sconfitta degli Imperi centrali nella Grande Guerra, i tedeschi abbandonano Kiev, che cade nelle mani di Petljura nel dicembre 1918. Il suo dominio fu però di breve durata, e ai primi di febbraio 1919 i bolscevichi di Lenin conquistano Kiev. La storia è raccontata in tre parti: la prima sullo scricchiolio del governo dell'etmano, fino alla sua fuga, la seconda sulla conquista di Petljura, e la terza sulla sua disfatta e la comparsa di una terza forza sull'enorme scacchiera (p. 96).
Bulgakov racconta la storia dal punto di vista dei tre fratelli Turbin (cognome della nonna materna): Aleksej, Nikolka ed Elena. I fratelli maschi sono di fede monarchica e (nonostante qualche "mal di pancia" per via delle tendenze autonomiste) si arruolano come volontari nelle milizie che combattono a fianco dell'etmano, scampando poi alla cattura da parte delle bande di Petljura. Aleksej, il maggiore, è medico, e verrà poi arruolato forzatamente da questo stesso esercito, rivivendo la rotta sotto la spinta bolscevica. Questo quadro già abbastanza complicato è poi raccontato in maniera non perfettamente lineare, aprendosi a dicembre 1918, tornando indietro e muovendosi sempre in maniera sincopata. La trama contiene numerosi riferimenti autobiografici: Bulgakov si laureò in medicina nel 1916 e si arruolò come medico volontario nell'Armata bianca (ma nel Caucaso, non a Kiev), come fecero altri suoi due fratelli; contrasse il tifo come Aleksej; la casa dei Turbin al 13 di Alekseevskij Spusk è la casa di Bulgakov, al 13 di Andreevskij Spusk, e altri ancora.
L'approccio personale/familiare suggerisce il tema (o uno dei temi) del romanzo, ovvero il rapporto dell'uomo con la Storia e l'importanza del proprio codice morale. Così l'ufficiale e marito di Elena che ha trovato le conoscenze giuste (p. 59) e fugge con l'etmano abbandonando la famiglia è contrapposto alla decisione di arruolamento dei fratelli, gli ufficiali che tramano con il nemico a Naj-Turs che si sacrifica per i suoi soldati: l'importante è mantenere fede alle proprie idee e alla propria umanità, anche se nemici. E tuttavia, anche Aleksej non può evitare piccoli compromessi, dichiarando dapprima (p. 121) chiaramente le sue convinzioni (Io [...] purtroppo non sono socialista ma... monarchico. E devo anche dire che non riesco nemmeno a sopportare la parola 'socialista') e dovendo poi nasconderle (p. 390):
"No, compagni, no. Io sono monar...".
No, questo è eccessivo. Meglio così: io sono contro la pena di morte. Sì, sono contro. Karl Marx, lo confesso, non l'ho letto, non arrivo nemmeno a capire che c'entri in tutta questa confusione
[...].
La confusione, suggerita dalla nebbia che incombe sulla narrazione, è un'altra caratteristica della vicenda: nessuno sa cosa succede, le voci e le notizie si rincorrono senza verifica, chi sparasse, e a chi, nessuno lo sapeva (p. 91), l'Imperatore è morto o in Germania, Petljura (che viene nominato un'infinità di volte senza mai apparire) viene dato per certo a Parigi o a Berlino, oppure in Città, a Char'Kov e in Belgio allo stesso tempo (pp. 310-311), prendere una strada o l'altra può fare la differenza tra la salvezza o la morte, per Nikolka e per Aleksej (se così avesse fatto, la sua vita sarebbe andata in modo del tutto differente, ma ecco che così non fece, p. 252). Nella confusione e nella nebbia le identità cambiano (i continui riferimenti alle spalline delle uniformi strappate per camuffarsi da civile), le persone si trasformano, si nascondono e fuggono per sopravvivere. Alla confusione fa da contrasto la casa di famiglia, con gli orologi e la vecchia stufa di maiolica coperta di scritte con insulti (poi cancellati) a Petljura che riscalda - anche metaforicamente - l'ambiente, la casa dove si ritrovano gli ufficiali amici (contrapposti alle bande di Petljura), dove si festeggia e si cantano inni zaristi, il nido rassicurante in cui rifugiarsi e da preservare perché memoria del passato, dove anche un paralume è importante (p. 59):
E poi... poi la stanza fu desolata, come lo è ogni stanza dove regni il caos dei preparativi e, ancora peggio, dove sia stato tolto il paralume a una lampada. Mai. Mai togliere il paralume della lampada! Mai! Il paralume è sacro. Non fate mai come i topi che fuggono davanti al pericolo, verso l'ignoto. Accanto al paralume sonnecchiate, leggete – lasciate che infuri la bufera –, attendete, che siano loro a venirvi a prendere.
Al racconto delle ordalie che i fratelli dovranno sopportare per ritrovarsi nella casa con la stufa, da dove tuttavia dovranno ripartire per altre vicende solo accennate (ad esempio, le relazioni con Julia e Irina), si accompagnano infiniti riferimenti a personaggi storici e coevi, alla lirica, al canto e all'immortalità dell'opera d'arte (p. 64), splendide descrizioni della città di Kiev (p. 87), del comando militare dentro il negozio di madame Anjou (p. 118) e del Ginnasio (p. 129), e un'ininterrotta serie di metafore, dal tempo meteorologico (la nebbia, ma anche la neve che confonde tutto e la tempesta), alla malattia (ovvero il male, come nella visita nel capitolo finale), al cielo e al mondo metafisico (con la comparsa delle stelle rosse). La religione è anche molto presente, ma non è una scorciatoia per i valori morali che ognuno trova dentro di sé, e d'altra parte Dio stesso, vecchierello, triste ed enigmatico [...] che volava nel cielo nero, screpolato, non dava alcuna risposta (p. 38), e appare alquanto disinteressato alla religione stessa (p. 110)
Perché a me della vostra fede non viene in tasca un bel niente. Uno crede, un altro non crede, ma vi comportate tutti allo stesso modo; adesso vi pigliate a vicenda per la gola, e [...] qui bisogna capire che per me, Zilin, voi siete tutti uguali – morti ammazzati sul campo di battaglia. Questo, Zilin, va capito, e non tutti ci riescono. [...] A me, è meglio che non li nomini nemmeno i pope [...] Cioè, di stupidi come i vostri pope al mondo non se ne trovano. In segreto ti dirò, che sono una vergogna e non dei pope.
Tra le tantissime altre cose da menzionare, mi limito alla discesa nel girone dantesco freddo (anche qui il contrasto con la casa) e fetido per recuperare il cadavere di Naj-Turs (cap. 17), e i ripetuti commenti spregiativi di Bulgakov verso la lingua ucraina, lingua maledetta (p. 76) e brutta (p. 370): da buon sostenitore dell'Impero zarista, infatti, Bulgakov non può concepire l'indipendenza della regione, ed oggi non gode di buona fama tra alcuni suoi compatrioti.

Questa edizione contiene sia il finale scritto da Bulgakov nel 1929, sia quello originale del 1925, assai più lungo e complesso, dato per smarrito dopo che la rivista a cui fu inviato per la pubblicazione lo censurò senza restituirlo all'autore, finale riapparso solo negli anni '90; tutto raccontato nella bella ed esaustiva introduzione di Serena Prina. Da leggere assolutamente!

sabato 10 febbraio 2024

Renosu rosso 2019(?) Dettori

Tra le mille domande (o certezze) del mondo del vino c'è l'impatto dell'etichetta sulla degustazione, e ancora di più, delle informazioni relative a produzione, affinamento e così via. Una parte di questi problemi si risolve qui, con un'etichetta davvero minimale, dove compare solo il nome (ben noto) del produttore e l'indicazione generica "rosso". Quindi, niente denominazione di origine, niente (ovviamente) vino varietale. Assaggiamo prima, allora, e poi andiamo a cercare un po' di informazioni.

Iniziamo con un bel colore rubino, brillante e invitante. Il profumo contiene certamente i canonici frutti rossi, ma un po' sottotraccia, per così dire. Ci sono invece note floreali rosse ed aromi vegetali (rabarbaro?), nonché un tocco di mineralità. All'assaggio è decisamente piacevole, ben equilibrato e dal tenore alcolico un po' basso per gli standard di oggi, ma che in realtà è una vera fortuna e dona grande bevibilità! Solo una lieve nota un poco zuccherina nel finale lascia un po' sorpresi.

E adesso, andiamo a vedere cosa c'è nel bicchiere. Dettori è un piccolo produttore con oltre un secolo di storia, che ora lavora in maniera artigianale e biodinamica i vecchi vigneti di proprietà. Sette vigneti per sette vini, che raccontano il territorio, con tini di cemento per macerazione ed affinamento, senza uso di legno né di anidride solforosa. Le uve (Cannonau, Monica e Pascale) che non raggiungono il livello di eccellenza per la produzione dei suddetti sono "declassate" e finiscono in questo Renosu (o nel suo gemello bianco - Vermentino e Moscato). Con un ottimo risultato, che invoglia ad assaggiare gli altri prodotti (che però hanno un prezzo superiore).

Gradazione: 12°
Prezzo: 15 €

giovedì 8 febbraio 2024

Clessidra

La partenza del 2° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Sul 7° tiro.
Parete di Pezol - Valle del Sarca
Parete SO

Dall'ultima volta che ero stato sulla piccola parete di Pezol, le vie si sono moltiplicate e ad oggi sono poco meno di una decina. Anche se non vi si trova più la ressa dei primi tempi, la comodità dell'accesso e le vie ben protette richiamano comunque un po' di cordate, decise a godersi l'arrampicata soprattutto nel periodo invernale. Se avete poco tempo a disposizione, queste pareti fanno per voi!
Accesso: da Arco si prende la strada che porta verso Nago, raggiungendo in breve la frazione Bolognano. Qui si prende a sinistra seguendo l'indicazione Monte Velo e si segue la strada (SP48) per quattro chilometri (occhio al segnale di progressiva chilometrica 4,1). Poco dopo, al primo tornante, si parcheggia (lapide all'interno del tornante e sterrato bloccato da sbarra sulla sinistra), si segue lo sterrato e si prende il primo (ometto) o - meglio - il secondo sentiero sulla sinistra (i due si riuniscono poco dopo). Si giunge in breve in corrispondenza delle vie della parte superiore della parete dell'Ir e ad un bivio. Si continua dritti (a destra c'è la via di discesa) fino ad un altro bivio, dove si prende a destra e subito dopo a sinistra, continuando fino alla parete. Qui si segue una traccia che sale brevemente a destra e giunge nei pressi dell'attacco di Cercando la trincea. Si continua ancora verso destra fino all'attacco (scritta alla base e cordone su radice visibile). Contare una mezz'oretta o poco più.
Relazione: via breve ma piacevole, con un quarto tiro veramente bello. Le difficoltà sono un po' discontinue, ma non diminuiscono il piacere dell'arrampicata. Chiodatura ottima a fix, con un paio di passi obbligati sul 2° tiro, dove qualche chiazza gialla lascia intuire piccoli distacchi, che (per ora) non modificano la difficoltà.
1° tiro: puntare alla parete e salire una placchetta fino alla sosta. 20 m, 4c, quattro fix. Sosta su due fix con cordone e anello di calata.
2° tiro: salire a sinistra della sosta, superare un breve tratto appena aggettante e spostarsi a destra, per proseguire poi su una bella placca fino alla sosta. 25 m, 6a (due passetti), dieci fix. Sosta su un fix con anello e cordoni in clessidra.
3° tiro: salire verso destra su rocce appoggiate e continuare per placche fino ad un terrazzo (sosta possibile). Camminare per una decina di metri seguendo una traccia fin sotto la parete successiva dove si sosta. 30 m; 4c, I; quattro fix, due cordoni in clessidra, una sosta intermedia (cordone su pianta). Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
4° tiro: salire appena in verticale e traversare a destra sfruttando una fessura orizzontale rovescia che poi si raddrizza. Salire, spostarsi appena a sinistra e continuare per il pilastro. Un ultimo spostamento a sinistra porta alla sosta. 30 m, 6a; dodici fix, due cordoni in clessidra. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida. Tiro molto bello.
5° tiro: salire un breve canalino con un pilastro dall'aspetto poco rassicurante e traversare a sinistra. Rimontare le rocce fino alla sosta. 25 m, 4a; tre fix, un cordone su pianta. Sosta su due fix e maglia-rapida.
6° tiro: salire la facile placca fino ad una possibile sosta e proseguire su traccia fino alla base dell'ultima parete dove si sosta. 50 m; II, I; tre cordoni in clessidra, una sosta intermedia (due fix con cordone e anello di calata). Sosta su due fix con cordino.
7° tiro: salire la placca fino al termine della via. 30 m, 5a; cinque fix, un cordino in clessidra. Sosta su due fix con catena ed anello.
Discesa: seguire la traccia (segni rossi su alberi) che sale alla sommità del Pezol (traliccio) e continuare lungo il sentiero di discesa che in breve porta alla parete dell'Ir (parte superiore) e al bivio incontrato all'arrivo. Da qui in breve al parcheggio.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

domenica 7 gennaio 2024

Ormeasco di Pornassio DOC 2016 Lupi

Dell'azienda Lupi, acquisita nel 2020 da Peq Agri, avevo già assaggiato un ottimo pigato qualche annetto fa, ed è quindi con una certa curiosità e qualche aspettativa che ho aperto questa bottiglia per celebrare (si fa per dire) la fine delle feste. L'Ormeasco è praticamente la versione ligure del Dolcetto, vitigno invero un po' trascurato, ed è uno dei grandi rossi del ponente ligure insieme all'amato Rossese (della Grenaccia parliamo un'altra volta). La zona di produzione ruota attorno alla valle Arroscia, quindi piuttosto vicino ad Albenga e al suo retroterra di splendide falesie, creando così un connubio perfetto di interessi personali. E proprio ad Ormeasco e Pigato è sempre stato legato il nome di Lupi, sinonimo di vini sinceri, legati al territorio, sin dalla nascita della cantina nel 1960.
Come spesso accade, l'Ormeasco più rappresentativo e interessante della cantina è (forse dovrei dire era; vedi oltre) la sua versione base, che nasce da vitigni con più di cinquanta anni di età ed affina per quattro/cinque mesi in acciaio (esiste poi il Braje che passa in barrique e che lasciamo da parte). Nel bicchiere si presenta di un bel colore rubino con qualche lieve sfumatura granata. Molto intenso e aromatico al naso, con evidenti sentori di frutti rossi, lampone su tutti, e qualche nota più vegetale di finocchio e pepe. Fresco e generoso all'assaggio, di gusto pieno, con tannini molto morbidi e una tipica nota amarognola nel finale; si beve che è un piacere.

L'unico dubbio è il seguente: sul sito di Peq Agri, nella sezione dedicata ai vini di Lupi si trova ora un solo Ormeasco rosso, il Braje! Niente più Ormeasco base! Non conosco le ragioni di questa scelta che mi pare del tutto infelice; non resta che correre ad accaparrarsi le poche bottiglie che ancora si trovano e gustarle con un sorso di nostalgia.

Gradazione: 13°
Prezzo: 13 €

martedì 26 dicembre 2023

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi novembre-dicembre 2023 e riassunto annuale

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218
delle 8:02 nei trimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2023.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Le notizie del bimestre sono un paio: la prima è che, dopo la decisione di Regione Lombardia del maggio 2023 di rinnovare il contratto di (dis)servizio con Trenord per dieci anni, si è finalmente passati alle vie di fatto. Come mai tutti questi mesi? A parte la cronica lentezza di un ente elefantiaco e pressoché inutile come questa Regione, i maligni possono sempre pensare (male, ricordando zu' Giulio) che si volesse guadagnare tempo, arrivando a ridosso della scadenza ultima di fine 2023, oltre la quale l'affidamento diretto non sarà più possibile (viva l'Europa!).
La seconda notizia riguarda i lavori che interessano la stazione di Bergamo. Il progetto di Cino Zucchi è accattivante, ma non mi è chiaro se alla fine si interverrà anche sulla sostanza, ovvero sui binari veri e propri: è previsto un allargamento delle piattaforme, strettissime ed insufficienti, dove si accalcano i pendolari e dove per puro miracolo non è ancora successa qualche tragedia? E un allargamento del sottopasso, almeno in corrispondenza degli ascensori? La creazione di un secondo sottopasso? Almeno dei corsi accelerati di geometria per capitreno, che insegnino loro a fermare i treni a cavallo del sottopasso e non completamente oltre, li vogliamo fare? Insomma, c'è qualcosa che possa veramente trasformare una stazione ottocentesca in un hub (oggi si dice così) appena-appena moderno, o dobbiamo accontentarci (cito dall'articolo) della riqualificazione funzionale, con un focus sulla sostenibilità ambientale e sull’intermodalità?? Intanto, dei lavori non c'è ancora traccia, ma un bel po' di treni sono già stati cancellati!

Bimestre novembre-dicembre 2023:
A fronte di queste delizie, vediamo i dati dell'ultimo bimestre del 2023. Per il 2218 la puntualità e... zero! Mai arrivato in orario! Entro 5' di ritardo si sale al 20%, con un massimo ritardo di 34' il 29/11 per guasto all'infrastruttura e arrivo a Lambrate con il treno successivo. La distribuzione cumulativa (solita scala lognormale) in Fig. 1 è spostata verso destra rispetto al gruppo, ad indicare come anche in questo bimestre i ritardi siano stati peggiori del solito (ma tutti gli ultimi anni sono finiti in quella zona). Lo "storico" dei ritardi è in forma sintetica in Fig. 2: volendo trovare un lato positivo, vediamo che c'è stata una riduzione della coda al 90% (ovvero dei casi più sfigati) rispetto all'analogo bimestre del 2022, anche se la media non è cambiata.

Commenti analoghi valgono per il 2275: puntualità al 6% e al 43% entro 5'; massimo ritardo di 30' il 20/11 per sostituzione del treno (oppure per cambio turno del personale; le motivazioni indicate cambiano da un minuto all'altro). Curva in Fig. 3 appiattita a destra, quindi male-male. E, anche in questo caso, la Fig. 4 evidenzia che i ritardi sono sempre mostruosi, ma c'è almeno un miglioramento in tutti gli indicatori rispetto allo stesso bimestre del 2022. Speriamo in bene...

Veniamo alle cause dei ritardi: su 26 segnalazioni, 12 sono relative a problemi al treno (guasti, controlli, manutenzione), altre 5 a ritardi di altri treni, tipicamente quello di arrivo al mattino, e 2 alle mitiche "esigenze del regolatore"... facciamo che queste ultime due voci le dividiamo metà e metà tra Trenord e Rfi, e otteniamo a spanne 15,5/26 = 60% di responsabilità di Trenord. Poi ci sono 5 segnalazioni di guasti (linea, passaggi a livello, ecc. ecc.), ovvero il 8,5/26 = 33% per Rfi. E infine, un intervento delle forze dell'ordine e una voce da commedia all'italiana: ritardo per traffico intenso!

Fig. 5: Come Fig. 1, ma per tutti gli 11 mesi del 2023 (no agosto).
Fig. 6: Come Fig. 2, ma per tutti gli 11 mesi del 2023 (no agosto).
Fig. 7: ore di ritardo annue.
Riassunto annuale:
Concludiamo con i dati complessivi di tutto il 2023 (agosto escluso). La distribuzione cumulativa per il treno 2218 è in Fig. 5: puntualità al 3% e al 40% entro 5', ritardo massimo di 65' il 19/6 per guasto degli impianti. Come al solito, curva allineata verso destra, e simile al dato del 2022 (cioè, male!). Rispetto agli anni precedenti, la distribuzione non pare seguire un andamento lognormale (ovvero una retta su questa scala), ma c'è un aumento dei treni in arrivo tra circa 3 e 5' (cambio di pendenza)... peccato che poi la pendenza (parente della varianza) torni a peggiorare!

Se guardiamo il 2275 (Fig. 6) vediamo qualcosa di non troppo diverso: una puntualità al 5% e al 44% entro 5', massimo ritardo di 54' il 20/1 per problemi al treno. Anche qui la curva sta dalla parte "sbagliata" e non pare discostarsi molto rispetto a quella del 2022. Inoltre, se guardiamo al ritardo accumulato all'arrivo del treno a Lambrate (qui non mostrato), notiamo che è persino superiore del 10% di quanto registrato all'arrivo a Bergamo! Cioè, questa carretta accumula sempre un'enorme ritardo alla partenza o nel tratto tra Porta Garibaldi e Lambrate, e ne recupera una piccola parte nel tratto verso Bergamo. Ora, gli studenti bergamaschi che frequentano ad es. il Politecnico a Bovisa sono probabilmente contenti di avere un treno diretto verso Bergamo, ma non è possibile che le condizioni siano queste!

E per finire, vediamo il dato più importante, ovvero le ore di ritardo sopportate dai pendolari nel 2023 (Fig. 7). Dopo che l'anno scorso si era registrato un aumento di ben 20 (venti!) ore di ritardo, da sommare alle 10 del 2021, sarebbe stato ben difficile fare di peggio. Eppure, per poco non ci siamo (anzi, ci sono) riusciti! Il ritardo totale del 2023 è di ben 68,9 ore, a fronte di 69,3 ore nel 2022: un miglioramento dello 0,58%, dove tra l'altro si vede che il 2275 è pure lievemente peggiorato!! A fronte di ciò, mi chiedo nuovamente come si giustifichi l'aumento di stipendio di 60000 € di Piuri. Io glielo avrei aumentato dello 0,58%... dopo avergli tolto il 20% l'anno scorso ed il 10% quello prima.

Buon 2024 a tutti!

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita spesso Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

mercoledì 6 dicembre 2023

Champagne AOC demi-sec Mosaique Jacquart

Diciamo che lo Champagne non è proprio un vino quotidiano: complici i costi dei terreni (o delle uve per chi le acquista) e quelli della cantina in cui il vino affina, a cui si sommano i costi di spedizione, dogana e ricarico per l'importatore, diventa difficile trovare qualcosa sotto i 35-40 € (escluse le private labels della GDO, che hanno alcune bottiglie intorno ai 20 € che non mi è ancora capitato di assaggiare). Intorno a questa cifra, però, ci sono parecchi produttori che vale la pena di considerare, visto che le feste si avvicinano e anche un sostenitore delle bollicine nostrane come me si concede qualche gallica diversione di quando in quando.
Lo champagne in questione viene da una maison del 1964 (proprietà di Alliance Champagne), con la linea Mosaique che deve il suo nome al fatto che i vigneti coltivati coprono ben 60 diversi cru. Le uve sono le classiche Chardonnay, Pinot noir e Pinot Meunier, vinificato in acciaio e con maturazione di tre anni sui lieviti. La bottiglia in questione è un demi-sec, ovvero la versione più dolce, con liqueur de dosage intorno ai 38 g/l.
Di colore giallo dorato, bollicine fini e abbastanza persistenti, forse non numerosissime. Aromi di frutta, pesche, albicocche, accompagnate da mandorle e note di pane e brioche. Molto morbido all'assaggio, ancora giocato tra la frutta e qualche nota vegetale, e con un bel finale. Da assaggiare quanto prima la versione brut.

Gradazione: 12,5°
Prezzo: 40 €

martedì 7 novembre 2023

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi settembre-ottobre 2023

Fig.1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218
delle 8:02 nei trimestri settembre-ottobre dal 2015 al 2023.
Fig. 2: ritardi nel bimestre in esame per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 (17:41).
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 (17:41).
La notizia vergognosa del bimestre la potete leggere qui: poiché il prezzo dei biglietti aumenta, poiché i ritardi aumentano, qualcuno a Trenord ha pensato bene di aumentarsi anche lo stipendio! E non di poco, ma di ben 60000 (sessantamila!) €, arrivando a più di 600000 (seicentomila!) € di stipendio annuo. Domanda per i lettori: quanti anni di lavoro vi servono per avere un aumento di stipendio di 60000 €? Regione Lombardia come al solito tace, anzi acconsente (leggete ad esempio qui le pietose giustificazioni), che tanto le elezioni sono passate e i lombardi non hanno memoria, come la (non) gestione del COVID ha insegnato. Siamo di fronte all'ennesima dimostrazione che in Italia più si fanno danni e più si viene premiati!

A proposito di danni, vediamo quelli dell'ultimo bimestre: il 2218 ha una puntualità del 7% e un massimo ritardo di ben 32', il giorno 28/9, per un guasto al treno. Curva sempre allineata a destra (quindi peggiore) rispetto a quelle degli anni precedenti.

Detto confronto, sempre relativamente al bimestre in esame, è riportato in Fig. 2 per i soliti indicatori (media, mediana e nono decile). Per capire l'andazzo al di là di alcune oscillazioni da un anno all'altro, immaginate di tirare una retta a partire dai punti del 2015-2016 a quelli del 2022-2023: si vede subito che i ritardi sono aumentati anno dopo anno, e che ora ci ritroviamo dai 5 ai 10' in più di ritardo ogni giorno, ovvero dai 100 ai 200 minuti al mese di ritardo, solo per il viaggio di andata. 60000 € di aumento di stipendio, grazie!

Veniamo al 2275: puntualità al 4% e massimo ritardo di 38', sempre il 28/9 (giorno da incorniciare), per "controlli tecnici al treno". Anche qui, curva spostata a destra, quindi peggiore di quella degli anni precedenti. Meglio ricordare sempre che i ritardi qui indicati sono relativi all'orario di arrivo a Bergamo (o a Milano la mattina) di un povero pendolare che prende i treni in esame: ad esempio, se il 2275 non arriva, si sale sul treno successivo (2237) mezz'ora dopo ed il ritardo sarà di circa mezz'ora, ma il vero ritardo del treno 2275 è spesso molto superiore! Questo spiega perché la curva in Fig. 3 si impenna dopo circa mezz'ora di ritardo: spesso sono i casi in cui si sale sul 2237, strapieno! Idem per la mattina: l'unico caso in cui si è avuto un anticipo di 3' è perché alle 8:02 è partito il 7:02 in ritardo di un'ora!

L'ultima figura indica in maniera sintetica il comportamento anno dopo anno. Vale quanto detto sopra: a partire dal 2019 c'è stato un costante aumento di tutti gli indicatori, stavolta assolutamente scandaloso per il dato al 90%, che sale a mezz'ora di ritardo, e senza alcun accenno di diminuzione. Altri 60000 € di aumento di stipendio, grazie!

Siamo infine alle cause dei ritardi: su 26 segnalazioni tramite app, 15 sono riconducibili a Trenord, ovvero controlli tecnici, guasti, manutenzione, preparazione del treno (ma lo fanno al momento??), 3 sono le ormai famose "esigenze del regolatore", 5 i problemi all'infrastruttura (ergo, riconducibile a Rfi), per finire con uno sciopero (che sempre Trenord riguarda), un intervento delle forze dell'ordine, e un "ritardo per servizio viaggiatori" del 2/10; non manca certo la fantasia! E a proposito di annunci, ricordiamo cosa succede al treno delle 7:35 il 30/10: prima si annuncia il ritardo perché si è in attesa del treno da Brescia, dopo congruo intervallo di tempo la causa del ritardo si trasforma nella attesa del treno da Milano, ed infine, il treno è cancellato per un guasto! Con questi risultati, non sono ben meritati seicentomila euro di stipendio annui?


Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

domenica 22 ottobre 2023

Trattoria Isetta

Tortelli ripieni di faraona.
Tagliata di bistecca alla fiorentina.
Strudel di pesche e amaretti.
Via Pederiva 96
Val Liona, fraz. Grancona (VI)

Agli arrampicatori i colli Berici sono noti soprattutto per la falesia di Lumignano, forse quella più famosa del vicentino. Ma nella non troppo lontana val Liona c'è un altro posto che merita di essere conosciuto, anche se per ben altri motivi: la trattoria Isetta! Nata nel 1950 accanto ad un'attività di macelleria, fa della carne la propria specialità, e si vede letteralmente: la carne è mostrata al cliente prima della cottura, ed il fuoco su cui sarà cucinata è ben visibile dalla sala. E non è solo immagine: i piatti hanno sostanza e sapore, ed il menù cambia con le stagioni. Prezzi non proprio da "osteria", a dire il vero, ma ottima qualità.

Locale e tavoli più in stile ristorante che trattoria, a ricordarci che le vacanze sono finite e non si mangia più nei rifugi (siamo a fine agosto). Pane e grissini fatti in casa, molto buoni. Saltiamo gli antipasti (tranne Alberto che opta per una battuta di manzo in sostituzione del primo) e passiamo ai primi piatti: sei-otto scelte tra gnocchi, fettuccine, bigoli, pasta e fagioli, risotto ai tartufi rendono la scelta un po' difficile, ma alla fine mi decido per i tortelli ripieni di faraona, con porro e datterino, ovviamente con pasta fatta in casa. Gustosissimi e con un ripieno molto delicato, veramente un ottimo inizio.

I secondi piatti si dividono in due categorie: un gruppo di sei-sette opzioni tra cui faraona, coniglio, fegato alla veneziana, arrosto ed un non troppo locale salmone in crosta, ed altrettante scelte di carne alla griglia, la specialità della casa: bistecca e tagliata di fiorentina, filetto, braciola di maiale, agnello. La scelta cade su una tagliata di bistecca alla fiorentina, che arriva su un piatto di forma un po' singolare, ma di un sapore ed una tenerezza davvero esemplari; la dimostrazione che alla fin fine i piatti migliori sono quelli semplici, se ottimamente cucinati (e con ottimi ingredienti)!

Nella lista dei dessert troviamo gelati e sorbetti, mousse, zuppa inglese e altre delizie. Scelgo uno strudel di pesche e amaretti con fondente di cioccolato che arriva in porzione un po' minimale, ma dello stesso livello degli altri piatti.

La lista dei vini è davvero molto ben assortita (purtroppo non abbiamo avuto modo di visitare la cantina, che pare sia memorabile), con buona selezione dal Veneto e qualche ricarico in più (ma pare che ormai sia la norma, quindi sarò io a sbagliare...). Dopo la solita discussione con il sommelier per scegliere qualcosa di non barricato, assaggiamo il Due di Gianni Tessari, una cuvée di Merlot e Cabernet Franc con invecchiamento in botte grande e tasso alcolico di 13°. Morbido e vellutato (forse un pochino troppo per i miei gusti), accompagna il pranzo con discrezione. Forse si poteva osare qualcosa di più per la fiorentina, ma siamo ancora ad agosto e fuori ci sono temperature africane; sarà per la prossima volta!

Il conto: 210 € (tre persone) per:
1 antipasto
2 primi
3 secondi
3 dessert
2 caffè
1 bottiglia di acqua
1 bottiglia di vino (o erano due?)
3 bicchieri di vino da dessert

venerdì 6 ottobre 2023

Pellicioli-Spiranelli

Sul 2° tiro.
Bruno e Jacopo sul 2° tiro.
Bruno sul 3° tiro.
E qui all'inizio del 4° tiro.
Tracciato della via.
La relazione originale
(Annuario 1954 CAI Bergamo, 71-72)
Presolana orientale
Parete S

Il tiro in traverso più bello di tutta la Presolana! Vale la pena di ripetere la via solo per fare il secondo tiro (non fate leggere questo al vostro compagno/a di cordata e fatelo/a partire sul 1° tiro). Aggiungete un ambiente decisamente isolato, lontano dalle cordate che si assiepano sulle solite tre-quattro vie della Presolana, un avvicinamento appena un poco più lungo di quello per le vie Longo o Bramani, una discesa a piedi che richiede un po' di tempo ed avrete un'idea di cosa vi aspetta. Peccato solo che la via si esaurisca in quattro tiri, di cui uno e mezzo non proprio memorabili, anche se a questo si può rimediare percorrendo il primo tiro di Makumba e/o concatenandovi un'altra via come la Asti-Ajolfi o la Cesareni-Berizzi-Pansera.
Accesso: dalla Val Seriana verso il passo della Presolana; parcheggiare sulla destra in un largo spiazzo poco prima di raggiungerlo, appena prima di una chiesetta (cartello "Cantoniera della Presolana"), seguire la strada che si stacca di fronte fino al secondo tornante e lasciarla per proseguire lungo il sentiero, raggiungendo la baita Cassinelli o rif. Carlo Medici (indicazioni). In alternativa parcheggiare qualche centinaio di metri prima sulla destra, nei pressi dell'Hotel Spampatti, e seguire la strada di fronte e subito il sentiero a destra (indicazioni per baita Cassinelli), che sale nel bosco e si congiunge con il precedente. Superare la malga Cassinelli e risalire il ghiaione (segnavia 315 per il bivacco Città di Clusone e Grotta dei Pagani), fino a giungere all'altezza della parete dello Spigolo Longo. Qui salire per una delle tracce sulla destra, raggiungendo l'attacco di Echi verticali. Proseguire in salita, superando l'attacco di Spigolando e il cordino di Emmentalstrasse, e continuare fino ad un tratto attrezzato che supera il canale Bendotti. Poco dopo si giunge davanti alla parete della Presolana orientale, con l'evidente grotta ad arco alla base, ed un canale alla sua destra. Si sale un ghiaione e ci si infila nel canalino, uscendone a sinistra per raggiungere la base dell'arco dove parte la via. Attenzione: se volete iniziare dal primo tiro di Makumba (6b), fermatevi ad una sosta sulla sinistra (cordone visibile) prima di raggiungere la base dell'arco.
Relazione: via molto bella su roccia ottima, che taglia la parete con un bellissimo traverso per proseguire poi lungo un'evidente fenditura. Il tiro in traverso è chiodato in maniera quasi esagerata e non richiede integrazioni, ma il resto della via è più parco di protezioni e un paio di friend sono comunque utili.
1° tiro: salire per rocce appoggiate (primi metri dall'aspetto un po' aleatorio, poi meglio) fino al pilastro, dove si sosta. 40 m; II, III, I. Sosta su due golfari. Questo tiro è in realtà la variante Caccia-Piccardi alla via Cesareni.
2° tiro: rimontare un pilastrino e portarsi a sinistra, salendo per un corto diedro. Poi, appena a destra e ancora dritto, fino ad un chiodo sporgente. Qui inizia il traverso che si segue fino ad un terrazzino da cui si sviluppa la fenditura. Salire poi facilmente all'evidente sosta. 50 m; IV+, V, un passo VI- alla fine del traverso, III; nove chiodi, due cordoni in clessidra. Sosta su due golfari. Il percorso è un po' contorto e conviene allungare bene le protezioni prima del traverso. Possibile anche sostare a metà traverso, su cordone in (due) clessidre e altro cordone (sfilacciato) poco più in alto. Seguite i numerosi chiodi ignorando gli spit per non sbagliare percorso.
3° tiro: seguire la larga fessura, superare un breve muretto uscendo sulla destra e continuare per un diedro. Dopo un breve tratto su facili rocce si arriva alla sosta sulla destra. 40 m; IV, un passo V+/VI-, IV+, IV-; un chiodo, un cordone in clessidra, una sosta della via Hard Rock (spit e cordone in clessidra). Sosta su spit e chiodo con cordone.
4° tiro: seguire la fessura verso sinistra e proseguire poi per facili rocce fino ad identificare uno spuntone su cui attrezzare la sosta. 50-60 m (a seconda di dove vi fermate);  IV, III; un chiodo.
Discesa: proseguire lungo la parete fino all'anticima con difficoltà di II (restate legati per maggiore sicurezza; altrimenti, fate attenzione!). Da qui si guadagna la cima di fronte e si seguono i bolli rossi verso destra (passi di II) fino alla bocchetta del Visolo. Da qui si può scendere a destra, ritornando sul sentiero percorso in salita, oppure salire al Visolo e scendere dall'altro versante, giungendo direttamente nei pressi della baita Cassinelli.

Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 27 settembre 2023

Dorotei-Cipriani-Vidali (spigolo sud-ovest)

Stefano sul 2° tiro.
E qui sul 4° tiro.
Sul 6° tiro.
Tracciato della via.
Schizzo della via
(dal libro di Dorotei).
Schizzo tratto dalla guida di Santomaso (2011)
con mie correzioni in rosso.
Pala della Gigia (Moiazza)
Parete SE


Accesso: da Passo Duran si prende il sentiero che sale verso il rifugio Carestiato. Appena ci si raccorda con uno sterrato, se ne percorre una decina di metri e si prende una deviazione a destra (ometto e scritta Jol sbiaditissima in basso). Il sentiero sale per bosco e mughi ed esce su un ghiaione che si taglia verso destra fino ad un canalone (ometto). NON salire per il canalone di sinistra, ma attraversarlo e continuare per il piccolo canale di fronte (scritta sbiadita Jol), raggiungendo così la base dell'avancorpo della Pala. Qui si sale il ghiaione di sinistra (il sentiero davanti è quello della Normale, che si percorrerà in discesa) e si continua poi per il canale di destra, salendo per roccette fino ad una cengia. All'estremo sinistro della cengia parte la via (sosta su due fix con catena e maglia-rapida).
Relazione: via piacevole e consigliata, anche se oggi ben poco frequentata (forse per via di alcune incongruenze nelle guide cartacee; vedi sotto), che sale lungo lo spigolo senza particolari difficoltà, tranne un tiro in strapiombo ottimamente protetto a fix. Chiodatura buona nei tratti più impegnativi, più rarefatta altrove: utile eventualmente qualche friend per maggiore tranquillità.
1° tiro: superare la pancetta e proseguire per rocce più facili fino alla cima di un pilastro. 30 m; V, IV; due chiodi. Sosta su un fix.
2° tiro: salire per pochi metri la placca verticale e spostarsi subito a sinistra, continuando poi su rocce più appoggiate. Non fermarsi ad una sosta intermedia (chiodo e cordone in clessidra; probabilmente della via Decima), ma continuare fino ad una terrazza. 35 m; VI, V; un chiodo, due cordoni in clessidra, una sosta intermedia (chiodo e cordone in clessidra). Sosta su due fix.
3° tiro: salire appena a sinistra della sosta, spostarsi a destra e continuare fino ad una larga cengia. 20 m, IV, un chiodo con cordone. Sosta su due fix.
4° tiro: se ci si sposta a destra sulla cengia, si vede un chiodo che segna forse il percorso originario. Io sono invece salito per pochi metri direttamente sopra la sosta (la roccia gialla è meglio di come sembra) per spostarmi poi a destra e continuare dritto fino in cima al pilastro. Fate voi! 25 m; V+, IV; un fix schiacciato ma ancora utilizzabile - se vi fidate - appena sopra la sosta. Sosta su due fix.
5° tiro: salire in spaccata, portarsi sulla parete, traversare a sinistra e superare lo strapiombo ben protetto, per continuare su facili rocce fino alla sosta. 20 m; 6a+, IV; tre fix (più uno poco utile sopra il secondo). Sosta su due fix con cordone marcio.
6° tiro: salire la facile placca e sostare in corrispondenza di una nicchia. 55 m, III+. Sosta su chiodo e clessidra con cordone.
7° tiro: Raggiungere la vetta e sostare sulla sinistra. 10 m, II. Sosta su fix e chiodo con cordone.
Discesa: dalla vetta si seguono gli ometti, prima in direzione della Torre Jolanda e poi in discesa su un ghiaione. Si traversa quindi verso destra, si sale brevemente ad una forcella e si scende in un canale, raggiungendo il sentiero di accesso.

Piccola nota bibliografica: la Pala della Gigia è una struttura secondaria rispetto alle elevazioni del gruppo della Moiazza, e come tale è stata lasciata tranquilla nei primi decenni di esplorazione: in Salite in Moiazza di Angelini (1950) non se ne trova cenno, e bisogna aspettare il 1961 per vedere la prima salita, su quella che oggi è praticamente l'unica via frequentata della parete, la Benvegnù. Le nuove realizzazioni (due vie dei fratelli Bonetti) sono raccolte da Dal Bianco e Angelini in Civetta - Moiazza (Tamari, 1970; poi riapparsa nel 1984 come seconda edizione, ma in realtà una ristampa identica alla prima, pure più brutta dal punto di vista editoriale), nel totale oblio da parte delle guide CAI-TCI.
Nel 1993 esce Arrampicate scelte sul versante meridionale della Moiazza di Dorotei, che riporta tra l'altro parecchie realizzazioni degli anni '80, e dove fa capolino questa via. Il tracciato e le lunghezze dei tiri corrispondono a quanto abbiamo trovato (anche se oggi si attacca dal terzo tiro), e questo schizzo è il più corretto tra quelli pubblicati. La relazione specifica che la via corre su tracciato in buona parte già percorso da F. Todesco e A. Decima, ma Dorotei non include questa via di Luigi (e non A.) Decima nella sua raccolta, e per capire dove salga dobbiamo attendere le guide di Santomaso (Moiazza: 150 arrampicate scelte) del 2001 e 2003: ma purtroppo qui le lunghezze dei tiri non tornano più, e lo schizzo con le due vie si presta un poco ad essere confuso. Qualche svista perdura ancora in Moiazza - roccia tra luce e mistero (2011), sempre di Santomaso (le vie sono alle pp. 297 e 299), per quanto riguarda le lunghezze dei tiri e il tiro-chiave che parte dalla cima del pilastro del 4° tiro, mentre prima si dipartirebbe una variante a fix: in realtà i fix partono dalla cima, e sembrano proprio seguire il tiro-chiave! Tra l'altro, lo stesso Cipriani in Oltre la folla Vol. 1 (2000) scrive (p. 90 - grazie a Matteo per la segnalazione) che esiste oggi, più a destra dei tiri centrali della via originaria [...], una variante a spit, attrezzata da Dorotei, che permette di evitare i primi tiri dello spigolo salendo per placche compatte (due lunghezze, difficoltà fino al 6a con qualche spit). Noi non l'abbiamo notata, ma è vero che non l'abbiamo nemmeno cercata, ignorandone l'esistenza. Il chiodo del 4° tiro appartiene quindi a questa variante? Sarà stato ancora Dorotei ad attrezzare a fix il tiro-chiave? Oppure c'è davvero un tiro "classico" più a destra di questo a spit, come suggerisce Santomaso? Io ho guardato, ma non mi pareva che ci fosse un altro punto dove le difficoltà potessero essere quelle dichiarate dai salitori.
Per il momento, ho segnato le mie correzioni allo schizzo di Santomaso in rosso (senza toccare i gradi, per semplicità); segnalatemi eventuali errori. Non resta quindi che tornare, magari a percorrere la Decima (credo che le "vie moderne" indicate da Santomaso a destra del tiro-chiave di questa potrebbero essere semplicemente i fix di uscita dello Spigolo)!

Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

martedì 19 settembre 2023

Nikibi

Stefano sul 1° tiro.
Stefano sul 6° tiro.
Stefano e Alberto sul 7° tiro.
Alberto alla 9a sosta.
Tracciato della via (azzurro). In rosso la via
Paolo Amedeo.
Torrione Marcella - Lastoi di Formin
Parete O


Accesso: da Cortina d'Ampezzo si prende la strada che porta a passo Giau fino all'indicazione d'inizio del comune di S. Vito di Cadore, accompagnata da un cartello giallo "Muraglia di Giau. 1 luglio - 30 settembre 1753", ovvero un muro a secco che stabiliva il confine tra i pascoli sanvitesi e ampezzani prima, e tra impero asburgico e repubblica di Venezia (o regno d'Italia) poi. Poco dopo si parcheggia in uno slargo sulla sinistra (cartello chilometrico km 6). Si scende per prati tenendo la destra, andando a prendere un sentiero che attraversa alcuni torrentelli (ometti). Più avanti, in corrispondenza di un corso d'acqua, si prende una deviazione sulla sinistra che porta in direzione dell'evidente torrione dove corre la via, seguendo sempre i numerosi ometti (ben più evidenti che qualche anno fa). Si giunge così alla base del ghiaione terminale e alla parete. La via attacca nel punto più basso (scritta). Un'oretta circa.
Relazione: bella via su ottima roccia, più impegnativa della vicina Paolo Amedeo, ma ben protetta a fix. Friend non necessari, tranne forse uno per l'ultimo tiro (facile ma sprotetto) e comunque utili se non vi sentite del tutto sicuri sulle difficoltà (il primo tiro è facile, ma chiodato - un po' inspiegabilmente - ben più lungo rispetto agli altri). La via è piuttosto continua ed omogenea nelle difficoltà, tranne che per il sesto tiro, molto bello ma decisamente "fuori scala" rispetto agli altri (anche se parzialmente azzerabile): peccato che non si sia trovata una soluzione più uniforme.
1° tiro: salire dritti superando un paio di muretti sempre ben appigliati fino al terrazzo di sosta. 35 m, 4c; quattro fix, un chiodo. Sosta su due fix con cordone e gancio meccanico (!).
2° tiro: salire per facili rocce e portarsi sotto la parete di sinistra. 25 m, II. Sosta su due fix con catena ed anello.
3° tiro: salire dritti, superare un breve strapiombo e continuare fino alla sosta su terrazza. 30 m, 6a (un passo), otto fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
4° tiro: superare lo strapiombino iniziale e continuare lungo la parete, per portarsi verso destra quando le difficoltà calano per raggiungere la sosta. 30 m, 6a, quattro fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
5° tiro: salire la bella placca verso destra e continuare dritti fino a portarsi nei pressi dell'evidente fessura obliqua. 25 m, 5c, cinque fix. Sosta su un fix e chiodo con cordone.
6° tiro: traversare la fessura verso destra e salire la parete gialla, uscendo ancora verso destra. Non fermarsi subito al termine delle difficoltà, ma continuare brevemente per facile placca fino alla sosta. 25 m, 6b+ (duro!), dieci fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
7° tiro: salire dritti lungo la parete verticale con alcuni corti strapiombi, restando a sinistra di un evidente tetto. 35 m, 6a, dodici fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
8° tiro: partenza cattivella su diedro un po' aperto, poi spostamento a destra e dritti per muretti e brevi strapiombi fino alla sommità di un pilastro. 30 m, 6a+, dieci fix. Sosta su due fix con catena.
9° tiro: portarsi sul corpo principale e salire le facili rocce sulla destra. 25 m; IV-, II. Sosta su un fix. Attenzione alla roccia: è meglio di come sembra, ma non è certo della stessa qualità di quella lungo i tiri precedenti.
Discesa: si prosegue lungo la cresta per scendere sui bei prati sommitali. Qui si seguono gli ometti che conducono  ad una traccia che scende e porta all'imbocco del canale a sinistra del torrione, che riporta alla base.

Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 4 settembre 2023

Maurizio Speciale

Daniela sul 2° tiro.
Sul 3° tiro, nel 2011.
Alberto sul 3° tiro (nel 2023).
Alberto sul 9° tiro.
All'uscita del 9° tiro.
La relazione originale
(LAV 1, 1987, pp. 99-100)
La relazione originale
(LAV 1, 1987, pp. 99-100)
Piccolo Lagazuoi (gruppo di Fanis)
Parete O

Accesso: dal parcheggio in prossimità del forte Tre Sassi si vede distintamente la parete O del piccolo Lagazuoi: sopra il punto più basso è evidente un grande arco strapiombante (è la torre 'Ntra i Sass), alla destra del quale si nota una larga colata nera, che parte in corrispondenza dell'ingresso di una galleria di guerra. Lì attacca la via. Per giungervi, si segue il sentiero dei Kaiserjaeger che sale verso la parete, per lasciarlo prima di un ghiaione e raggiungere la parete in corrispondenza dell'arco, salendo poi a destra fino al diedro di attacco (cordino in clessidra).
Relazione: è la via più famosa e frequentata di tutto il Piccolo Lagazuoi, grazie al bellissimo terzo tiro che da solo vale la ripetizione. Belli anche i due ultimi tiri, mentre la parte centrale, interrotta da due cenge, è più anonima. La numerosa frequentazione ha fatto sì che la via sia ben protetta (molto più che nel 2010, alla mia prima ripetizione); portate comunque un paio di friend se volete integrare i tratti più facili. Roccia ottima con qualche presa negli ultimi tiri ormai unta dalle ripetizioni, per non parlare dei tristissimi segni di magnesite che hanno marcato le prese della placca del nono tiro, manco fossimo in falesia su un 8a!
1° tiro: salire per il diedro iniziale e tenere poi la destra, rimontando un pilastrino dove si sosta. 30 m, IV-, IV, III; un cordino in clessidra. Sosta su due chiodi.
2° tiro: traversare qualche metro a sinistra e salire in verticale puntando alla nicchia sotto la colata nera dov'era la vecchia sosta (cordone). Sostare pochi metri prima di raggiungerla. 20 m, IV; un chiodo, un cordone in clessidra. Sosta su due chiodi.
3° tiro: proseguire dritti sulla linea della colata nera sempre molto verticale sino alla sosta. 40 m; V-, V, IV+; undici (circa) cordoni in clessidra. Sosta su cordoni in clessidra con anello di calata.
4° tiro: continuare per la colata nera fino a che si abbatte. Salire ora verso destra seguendo una rampa con una fessura sino alla sosta. 45 m; IV+, III; tre cordoni in clessidra. Sosta su cordino in clessidra.
5° tiro: salire la terrazza detritica puntando alla larga colata nera a destra di un arco. Alla base dell'arco di roccia (a sinistra della colata) si rimonta un breve muretto e si sosta. 45 m; I, III; un cordino in clessidra. Sosta su cordino in clessidra.
6° tiro: salire la placca appena a destra del diedro e continuare verso destra seguendo il profilo dell'arco, fino a giungere ad una fessura che si risale fino ad uscire su una cengia all'altezza della sosta. 50 m; IV-, IV; un cordone in clessidra, un friend incastrato. Sosta su anello cementato. Nota: la versione pubblicata sulla guida di Bernardi e seguita praticamente da tutti i ripetitori manda a sinistra dopo i primi metri nel diedro, per proseguire in placca (quattro cordoni in clessidra); tuttavia i primi salitori hanno seguito la placca verso destra, anche se sono saliti prima di giungere alla fessura (vedi nota finale). Da questo punto è anche possibile abbandonare la via, seguendo la cengia verso destra.
7° tiro: superare il muretto dritto sopra la sosta (non nel diedro marcio a sinistra) e continuare per facili rocce tenendo la sinistra, fino ad un evidente spuntone dove si sosta. 60 m; IV-, II; un chiodo con cordino. Sosta da attrezzare su spuntone, poco sotto il quale è presente un ometto.
8° tiro: proseguire verso sinistra fino all'inizio di una rampa inclinata a destra che corre sotto gli strapiombi. Seguirla (ometto) fino al culmine, da dove si sale facilmente alla sosta. 25 m, III. Sosta su cordone in clessidra. Nota: anche questa probabilmente è una variante; vedi sotto.
9° tiro: salire in obliquo a sinistra e superare un muretto, continuando per placca inclinata. Salire un secondo muretto lievemente aggettante e la successiva placca (molto bella) fino alla cengia. Qui spostarsi a sinistra fino alla sosta sotto un'evidente fessura. 35 m; IV, V+, V, I; quattro chiodi, due cordini in clessidra. Sosta su due chiodi e cordoni.
10° tiro: salire la fessura un po' aggettante e continuare per un diedro sulla sinistra fino alla cengia dove si sosta. 30 m; V+, IV; tre cordoni in clessidra. Sosta su cordone in clessidra.
Discesa: Seguire la traccia verso destra (ometti) con qualche tratto esposto. In corrispondenza di un canale è possibile scendere (ometti), oppure continuare a traversare (altri ometti) fino a congiungersi con il sentiero dei Kaiserjaeger che si segue in discesa fino al parcheggio.

Relazione originale: la relazione dei primi salitori è stata pubblicata su Le Alpi Venete, primavera-estate 1987, pp. 99-100, con schizzo del tracciato (dove la via è erroneamente indicata come Mirko Speciale), mentre la Rivista Mensile del CAI ne darà solo la notizia nel numero di settembre-ottobre 1988, p. 78. Leggendo la relazione e osservando la fotografia, si notano però alcune piccole discrepanze con il percorso solitamente seguito: la colata nera è percorsa in diagonale verso sinistra e poi in verticale, l'arco del sesto tiro si segue verso destra fino ad un diedrino (che a me non era sembrato proprio affidabile come roccia, ma posso sbagliarmi), ed infine il giro capzioso della rampa dell'ottavo tiro è evitato salendo direttamente per la parete. Piccole variazioni da provare alla prossima ripetizione!

Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.