martedì 28 agosto 2012

Billy Budd, sailor and other stories

di Herman Melville
Bantam books, New York, 1989

Dopo un periodo di letture disordinate e poco interessanti ho ripescato questo libro in occasione del viaggio a Boston, e non potevo far altro che finirlo insieme alle vacanze agostane. È una raccolta di sei racconti dell'autore di Moby Dick; un paio (The piazza e The bell-tower) poco interessanti, cui si aggiunge una specie di resoconto di viaggio alle isole Galapagos (The encantadas) diviso in dieci sketches, tra i quali i migliori risultano il settimo e il nono, sulle isole Charles e Hood. Va detto però che la geografia del racconto si prende parecchie licenze immaginifiche e si nutre di riferimenti letterari che ad un asino in letteratura anglo-americana quale il sottoscritto sono sfuggiti totalmente tranne uno, banale, nello sketch ninth; una lettura al riguardo si può trovare qui.
Decisamente migliori - e ben più famosi - gli altri tre racconti. Billy Budd, sailor affronta l'eterna questione bene-male o, se vogliamo, del significato e interpretazione della legge. Billy, descritto più volte come una specie di innocente ragazzo o di "primitivo", è totalmente "puro" nel senso che non conosce le malignità degli uomini e, quando ne è vittima, reagisce come farebbe un animale braccato: colpisce, e uccide il suo maligno detrattore. È da considerarsi colpevole? Il capitano Vere che discute e orienta la decisione della corte marziale applica la legge pur sapendo dell'intima innocenza di Billy o è una specie di Ponzio Pilato che se ne rifugia? E il resoconto finale è una ricostruzione "ufficiale" fittizia della vicenda o ci dice che la verità potrebbe essere diversa da quella che ci è stata raccontata per tutto il romanzo?
Bartleby è forse il racconto più famoso e più enigmatico di Melville, e quel I would prefer not to con cui il copista si rifiuta di eseguire dapprima semplici mansioni e poi via via lavori sempre più grandi fino a smettere di lavorare del tutto è ormai celeberrimo. Cosa rappresenta la resistenza passiva di Bartleby? Trasposizione autobiografica dell'autore, che rifiuta di scrivere novelle che si vogliono da lui fino a smettere completamente di scrivere, denuncia ante-litteram dell'alienazione del lavoro, ultima ed estrema libertà?
Anche Benito Cereno non è esente da interpretazioni opposte: dietro la trama (che si intuisce subito nonostante Melville crei un alone di ambiguità) vi sono toni razzisti o il loro contrario? Leggere che like most men of a good, blithe heart, Captain Delano took to Negroes, not philanthropically, but genially, just as other men to Newfoundland dogs è quantomeno ambiguo se non offensivo, così come la chiosa finale del racconto. D'altra parte Babo è descritto in antitesi con molti stereotipi dell'epoca e, singolarmente intelligente, si prende gioco dei due "bianchi" per tutto il racconto. A parte questa questione, Benito Cereno resta una storia di violenta ribellione che rimane perlopiù incompresa dai bianchi che infine la reprimono; purtroppo, una condizione singolarmente attuale.

Nessun commento:

Posta un commento